La tutela delle minoranze linguistiche nella rappresentanza politica: il caso italiano – Matteo Cosulich

Font: Pexels. Autoria: Tara Winstead

Tra i “princìpi fondamentali” della Costituzione italiana rientra la tutela delle minoranze linguistiche (art. 6 Cost.). Si tratta di un obiettivo costituzionale da perseguire attraverso “apposite norme” che possono interessare anche la rappresentanza politica. Favorire la presenza di esponenti delle minoranze linguistiche nelle assemblee elettive equivale infatti ad attribuire un maggior peso a tali minoranze nelle deliberazioni – legislative, ma non solo – che si andranno ad assumere.

Con riferimento alla rappresentanza politica, le “apposite norme” previste dall’art. 6 Cost. si traducono in disposizioni di favore per le liste e/o i candidati espressione delle minoranze linguistiche. Disposizioni di favore che debbono naturalmente inserirsi nelle complesse technicalities di ciascuna legislazione elettorale. Così le disposizioni in discorso si collocano nell’ambito di sistemi elettorali proporzionali o di sistemi elettorali maggioritari, secondo la tradizionale bipartizione utilizzata per descrivere sommariamente le legislazioni elettorali. Nei primi sistemi, le minoranze linguistiche vengono favorite esentando le loro liste dall’applicazione di correttivi in senso maggioritario (tipicamente, le clausole di sbarramento) che ne renderebbero difficoltoso – se non impossibile – l’accesso alla rappresentanza; altrimenti detto, nei confronti delle liste espressive di minoranze linguistiche, il sistema elettorale opera comunque in senso proporzionale anche se al suo interno sono previste attenuazioni delle proporzionalità che si applicano appunto soltanto alle altre liste. Nei secondi sistemi, i collegi elettorali – generalmente uninominali –sono ritagliati in modo da favorire la concentrazione in alcuni di essi degli elettori appartenenti alla minoranza linguistica, favorendo così l’elezione di candidati riconducibili ad essa; altrimenti detto, il carattere maggioritario del sistema viene fatto valere in un ambito geografico tale da favorire la minoranza linguistica, lì territorialmente concentrata e non di rado corrispondente così alla maggioranza degli elettori del collegio.

   La legislazione manifesta dunque nel modo più compiuto la politicità dell’organo che l’adotta e conseguentemente della rappresentanza che nell’organo stesso si esprime.

Ragionare di rappresentanza politica consente di circoscrivere l’analisi alle modalità di elezione delle assemblee chiamate a esercitare la funzione legislativa, attraverso la quale una comunità determina i propri fini liberamente, fatti salvi i vincoli costituzionali. La legislazione manifesta dunque nel modo più compiuto la politicità dell’organo che l’adotta e conseguentemente della rappresentanza che nell’organo stesso si esprime. Qui di seguito ci si soffermerà quindi sugli istituti volti a favorire la rappresentanza delle minoranze linguistiche nelle camere del Parlamento italiano e delle stesse minoranze, stanziate in Italia, nel Parlamento europeo. La Camera dei deputati e il Senato della Repubblica esercitano infatti notoriamente la funzione legislativa loro attribuita dall’art. 70 Cost., mentre a tale funzione si possono assimilare le forme di intervento del Parlamento europeo nel procedimento di formazione degli atti normativi eurounionali.

Verranno invece tralasciati gli analoghi istituti presenti nella legislazione elettorale dei Consigli regionali e dei Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano, sebbene anch’essi siano legislatori, come tali espressivi di rappresentanza politica. È ben vero che alcuni Consigli – quelli provinciali di Trento e di Bolzano – presentano una legislazione elettorale particolarmente attenta a favorire la rappresentanza della minoranza linguistica (ladina) presente nel rispettivo territorio. Peraltro appare preferibile prendere in considerazione la sola legislazione elettorale nazionale, quale quella delle camere del Parlamento e dei parlamentari europei eletti in Italia, in quanto chiamata a compiere valutazioni complessive, a livello dell’intero territorio dello Stato, sull’eventuale introduzione di disposizioni di favore per la rappresentanza politica delle varie minoranze linguistiche presenti in Italia.

   Nella legislazione elettorale dei parlamentari europei attribuiti all’Italia, gli istituti volti a favorire le minoranze linguistiche si inseriscono in un sistema elettorale proporzionale e sono volti ad annullare gli effetti preclusivi della rappresentanza delle stesse.

Nella legislazione elettorale dei parlamentari europei attribuiti all’Italia, gli istituti volti a favorire le minoranze linguistiche si inseriscono in un sistema elettorale proporzionale e sono volti ad annullare gli effetti preclusivi della rappresentanza delle stesse; effetti discendenti dall’ampiezza del collegio unico nazionale utilizzato per attribuire i seggi, tale da diluire eccessivamente il voto degli appartenenti alla minoranza linguistica, nonché dovuti all’introduzione di una clausola di sbarramento del 4 % dei voti validi espressi a livello nazionale, richiesta per accedere alla ripartizione complessiva dei seggi e di fatto insuperabile dalle liste riconducibili alle sole minoranze linguistiche. L’uno e l’altro ostacolo sono legislativamente aggirati per le minoranze linguistiche puntualmente individuate dalla legge elettorale europea (legge n. 18 del 1979), forse non a caso coincidenti con le tre minoranze nazionali (tedesca, francese e slovena) stanziate sul territorio italiano.

Così, “ciascuna delle liste di candidati eventualmente presentate da partiti o gruppi politici espressi dalla minoranza di lingua francese della Valle d’Aosta, di lingua tedesca della Provincia di Bolzano e di lingua slovena del Friuli Venezia Giulia” può collegarsi, nella propria circoscrizione (Italia nord-occidentale per la prima minoranza, Italia nord-orientale per le altre due), a una lista nazionale (vale a dire, presentata in tutte le cinque circoscrizioni), ai fini della ripartizione proporzionale dei seggi. Avvalendosi di tale previsione legislativa, si costituisce un “gruppo di liste”, formato da una lista riconducibile a una delle minoranze linguistiche espressamente menzionate dalla legge e da una lista di una forza politica nazionale. Il gruppo in discorso, nella ripartizione proporzionale dei seggi in sede di collegio unico nazionale, viene assimilato a una lista, ai fini del superamento della menzionata clausola di sbarramento del 4 % e dell’attribuzione dei seggi ai candidati che compongono le due liste del gruppo. Detti candidati formano infatti un’unica graduatoria, compilata sulla base delle rispettive cifre individuali, vale a dire del numero di voti di preferenza ottenuti.

   Secondo la disciplina legislativa, i voti espressi a favore della lista nazionale concorrono dunque all’elezione dei candidati della minoranza linguistica.

Secondo l’ora descritta disciplina legislativa, i voti espressi a favore della lista nazionale concorrono dunque all’elezione dei candidati della minoranza linguistica; tanto più che se nessuno di loro avesse nella graduatoria delle cifre individuali una posizione sufficientemente elevata da determinarne l’elezione, questa potrebbe realizzarsi con un’altra modalità. Più specificamente, risulterebbe eletto il candidato della lista della minoranza linguistica che ha ottenuto la più alta cifra individuale, purché pari ad almeno 50.000 preferenze; a tale candidato spetta infatti l’ultimo posto fra gli eletti della graduatoria. Qualora trovi applicazione quest’ultima previsione, la circoscrizione si configura per i candidati della lista espressione della minoranza linguistica come una sorta di collegio uninominale nel quale, a ben vedere, rilevano i soli voti (di preferenza) espressi a favore dei singoli candidati per determinare l’elezione del più votato fra loro.

Anche la legislazione elettorale delle camere del Parlamento (quindi i testi vigenti del d.P.R. n. 361 del 1957, per la Camera dei deputati, e del d.lgs. n. 533 del 1993, per il Senato della Repubblica), nella sua parte proporzionale, prevede un’attenuazione delle clausole di sbarramento a favore delle liste rappresentative di alcune minoranze linguistiche, stavolta individuate in quelle “riconosciute”, la cui lista corrispondente sia stata “presentata esclusivamente in una Regione ad autonomia speciale il cui Statuto o le relative norme di attuazione prevedano una particolare tutela di tali minoranze linguistiche”. Sia alla Camera sia al Senato, per le liste in discorso la clausola verrà infatti calcolata a livello regionale, anziché nazionale, in modo da renderne più agevole il superamento da parte di forze politiche il cui elettorato è territorialmente concentrato nelle zone di tradizionale stanziamento della corrispondente minoranza linguistica.

Alla medesima logica può ricondursi, nella parte maggioritaria della legislazione elettorale parlamentare, la ripartizione in collegi uninominali del territorio regionale che include dette zone. Così, in Trentino-Alto Adige/Südtirol viene istituito un numero di collegi uninominali superiore a quello previsto in via generale dalla legislazione elettorale parlamentare, che li individua nei tre ottavi dei seggi complessivi. In deroga a detta previsione, i collegi uninominali trentino-altoatesini sono stabiliti: per la Camera in un numero “pari alla metà dei seggi assegnati”; per il Senato in sei, vale a dire un numero corrispondente a tutti i seggi senatoriali assegnati nella Regione. Poiché i collegi uninominali sono ripartiti egualmente fra le due Province autonome, in quella di Bolzano si avranno così due collegi uninominali (anziché uno) per la Camera e ben tre (anziché uno) per il Senato, in modo da favorire l’elezione di candidati appartenenti alla minoranza germanofona ivi stanziata. Ad una logica tutto sommato simile, anche se in questo caso probabilmente obbligata, corrisponde la previsione di un collegio uninominale per eleggere l’unico deputato e l’unico senatore attributi alla Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste. Con riferimento infine alla minoranza slovena stanziata in Friuli Venezia Giulia, l’unico collegio uninominale senatoriale istituto nella Regione diluisce eccessivamente gli appartenenti alla minoranza stessa, mentre, per la Camera, la perimetrazione del collegio uninominale di Trieste effettuata in modo tale da includervi la gran parte della minoranza slovena non determina alcun effetto significativo in termini di rappresentanza di quest’ultima, comunque corrispondente soltanto al 10 % della popolazione del collegio.

   Tutte le deroghe a favore delle minoranze linguistiche descritte in questa sede, al di là della loro enunciazione in termini più o meno estesi, sono state introdotte fotografando la situazione della sola minoranza germanofona sudtirolese.

La proposta considerazione sull’inefficacia della perimetrazione dei collegi uninominali al fine di avvantaggiare la minoranza slovena può estendersi a tutte le altre disposizioni di favore qui esaminate che non hanno effetto nei confronti di tale minoranza in ragione dell’esiguità della stessa rispetto alle soglie numeriche necessarie affinché dette disposizioni possano produrre un risultato. Analoghe considerazioni possono riferirsi alla minoranza francofona valdostana, favorita soltanto dalla menzionata previsione del collegio uninominale nella Regione, sia per la Camera sia per il Senato. A ben vedere, tutte le deroghe a favore delle minoranze linguistiche descritte in questa sede, al di là della loro enunciazione in termini più o meno estesi, sono state introdotte fotografando la situazione della sola minoranza germanofona sudtirolese ed esplicano i loro positivi effetti esclusivamente nei confronti di quest’ultima, almeno sin quando i voti corrispondenti si concentreranno – com’è avvenuto sinora – su un unico partito di raccolta (SVP).

Matteo Cosulich
Professore ordinario di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli studi di Trento

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